Che cos’è il gioco dei bambini e perché è così importante

Il gioco è lo strumento privilegiato di cui i bambini dispongono per conoscere se stessi e il mondo. Hai mai osservato i tuoi figli mentre giocano? Che ricordi hai dei tuoi giochi di infanzia? In questo post, ti spiego che cos’è il gioco dei bambini e perché è così importante per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dell’individuo.

 Che cos’è il gioco

Durante i primi anni di vita, bambine e bambini trascorrono molto tempo impegnati in attività di gioco. A casa, a scuola, al parco, esplorano, manipolano, inscenano e inventano all’interno di un sistema ludico che può o meno prevedere la presenza degli adulti. In tal senso, il gioco non soltanto è un modo per conoscere il mondo, ma è anche una forma di comunicazione, un’esperienza emotiva, un’azione per esplorare e comprendere la realtà [Leggi anche 6 caratteristiche psicologiche del gioco dei bambini].

Anche se il gioco è un fenomeno che caratterizza così profondamente l’infanzia, le nostre conoscenze su di esso sono frammentarie poiché nell’ambito psico-pedagogico è stato spesso studiato come uno strumento per l’analisi dello sviluppo e non come un fenomeno degno di interesse scientifico. 

Perché il gioco è importante nello sviluppo dell’individuo

Innanzitutto il gioco è un fenomeno universale e per questa ragione è molto difficile definirlo in modo esaustivo. In secondo luogo, anche se tutti noi sappiamo che cos’è il gioco perché ne abbiamo avuto un’esperienza diretta, ne siamo talmente abituati che è difficile distinguerne con chiarezza principi e funzioni.

Fin dai primi giorni di vita, il bambino sviluppa un orientamento ludico nei confronti della realtà attraverso le interazioni con i genitori. In linea con l’evoluzione delle abilità motorie, socio-cognitive e affettive, le forme di gioco progrediscono, coinvolgendo anche i pari.

Gioco e sviluppo, dunque, procedono di pari passo: il gioco riflette lo sviluppo ma, al tempo stesso, contribuisce all’evoluzione delle funzioni motorie, sociali, cognitive e affettive del bambino. Così ad esempio, il gioco del “far finta” è reso possibile dall’acquisizione di nuove capacità cognitive ma contribuisce a rendere più sofisticate tali capacità, attraverso l’estensione della finzione a nuovi oggetti e situazioni, coinvolgendo interlocutori reali e immaginari.

Come direbbe il filosofo Friedrich Schiller, «L’uomo è veramente uomo soltanto quando gioca».

Riferimenti bibliografici

  1. Emma Baumgartner, Il gioco dei bambini, Carocci, Roma 2008.

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Sono ricercatrice di Pedagogia Sperimentale all'Università IUL e dottore di ricerca in Metodologie della Ricerca Educativa all'Università di Salerno. Cultore e assegnista in Metodologie e tecniche del gioco e Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, sono componente del consiglio direttivo del CIPPS – Centro Internazionale di Psicologia e Psicoterapia Strategica, Scuola di specializzazione in psicoterapia strategica ad orientamento neuroscientifico, Ente di ricerca e Centro clinico, membro del comitato redazionale della collana “Tecnologie per l’Apprendimento – Didattica, Gioco, Media education” di Pensa Editore.

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